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Taglio del nastro, questa mattina alle 11, per la 10a edizione del Salone del Gusto-Terra Madre, al Lingotto Fiere di Torino.
Per cinque giorni, dal 23 al 27 ottobre, i visitatori potranno incontrare: 1.200 espositori, 4.000 delegati delle Comunità del cibo di Terra Madre, 5 mercati della terra allestiti, 120 prodotti italiani marchiati dal Presidio Slow Food, 180 quelli internazionali. L'Arca del Gusto accoglierà i prodotti da salvare dal rischio di estinzione, oltre ai 2.000 già a bordo.
"Mai come in questa edizione del Salone del Gusto e Terra Madre abbiamo la responsabilità di fare bene e di trasmettere i messaggi che ci arrivano dalla rete – anticipa Daniele Buttignol, segretario generale di Slow Food Italia, descrivendo l’evento -. In Italia, con la crisi economica accentuata dall’embargo russo e dai fattori climatici, e all’estero con l’epidemia di ebola e le troppe guerre che devastano Europa e Medio Oriente. Situazioni solo apparentemente lontane, che in realtà ci coinvolgono direttamente e ci pongono di fronte a scelte difficili". Il riferimento all’Africa è chiaro, tuttavia non ci saranno i delegati provenienti dai Paesi colpiti dal virus ebola. "Questo non significa che li stiamo abbandonando – precisa Buttignol – anzi, siamo in contatto costante con i nostri referenti, a cui inviamo aiuti economici, cibo e medicinali. Ecco allora che questo evento sarà anche e soprattutto per chi sarà a Torino ma anche per chi non ci sarà, per raccontare le loro storie e far sentire la loro voce. Solo così si rafforzerà quella diplomazia del cibo di cui la rete di Terra Madre è la vera rappresentante".
I sapori, i profumi, le culture diverse arrivano a Torino non solo dall’estero. Infatti, quest’anno per la prima volta il Salone del Gusto e Terra Madre apre le porte a un’importante delegazione di migranti: 102 rappresentanti, 70 uomini e 32 donne, per lo più giovani (l’età media è di 37 anni). L’idea è quella di invitare gli immigrati che fanno parte delle comunità maggiormente numerose dal punto di vista demografico in Piemonte per raccontare il contributo che queste persone danno alla filiera alimentare italiana, lavorando nelle vigne, nelle malghe in montagna, nelle botteghe artigiane, nei ristoranti…. Si pensava di riuscire a rappresentare solo 8 paesi, ma siamo arrivati a 19 comunità, tra cui 4 rifugiati che vivono a Torino.